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lettere di fra paolo sarpi. 413

cilii di Pisa, che sarebbe di vantaggio della Chiesa il meditare e divulgare. Il principio, infatti, che il papa non può esser giudicato da alcuno, è scaturigine e fonte di tutti i mali. Mai però non consentiranno che in Italia si vedano quegli Atti; e se potessero ardere quelli di Costanza e Basilea, se ne ingegnerebbero; e lo tenteranno finalmente, e al più presto.

Ho letto con piacere l’Apoteosi di Giulio; e mi maraviglio come fosse a quel tempo chi tanto sapesse. L’autore arieggia Erasmo,1 od uno più savio di lui. Io non posso non ammirarlo, amarlo e venerarlo; chè questa politica dissertazione è lavoro perfetto, e svela la dottrina dell’autore, la prudenza e il giudizio, che è l’anima della sapienza. Oh, chiunque sia, ch’egli viva a lungo, e produca a pubblica utilità frutti d’ingegno e di scienza!

Dalle lettere del Barclay ho rilevato la sua pietà; ed è lavoro pieno d’eleganza. Oh! come bellamente toccò nella prefazione quanto ci sorpassino gli avversari, e come noi siamo da meno di loro. Sul resto, Ella ben sa com’io la pensi. Noi pigliamo sempre a far guerre difensive, e a dispetto anche di quelli che soprattutto importerebbe ci sostenessero. Stupisco come il cancelliere non facesse le voglie del Nunzio, quando tutto va costì a’ versi dei Gesuiti; i quali non mi paiono più tanto potenti, dacchè


  1. Si sa che Erasmo, allora giovane e allevato nella severità religiosa, trovandosi nel 1500 in Bologna e vedendovi passare papa Giulio II col profano contegno d’un condottiero d’eserciti, ne fu altamente scandalezzato, e di questo suo sentimento lasciò memoria in taluna tra le sue scritture che sono tra le più satiriche contro gli abusi della religione in quel secolo. Vedasi il recente opuscolo di C. Cantù, intitolato: Erasmo e la Riforma in Italia.