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34 lettere di fra paolo sarpi.

mino non osò pronunziare la sua sentenza, per non offendere i principi italiani, e lo stesso re di Spagna; i quali sa bene aver sopportato a malincuore le cose che nella nostra controversia vennero sciorinate contro la dignità de’ principi: laonde egli vanta sibbene la potestà del papa sui principi eretici; ma convien guardarsi dal credere ch’egli ciò faccia per volerla negare sugli altri. Un autore gesuita non è mai da leggersi senza aver presente la dottrina dell’Ordine, anzi la professione che fanno di far uso continuo dell’equivoco e della restrizione mentale. E se vorrete por mente a ciò che già scrisse di Richeome,1 non mai crederete il Bellarmino autore di una sentenza così moderata, come quella di cui vuol farsi bello nell’Apologia. Questo dissi per concluderne, che se Ella notò specialmente que’ due luoghi dove conferma la potestà somma dei re, l’autore stesso se mai gli accada di correggersi in guisa che il suo vero pensiero spicchi fuori dagl’involucri delle parole, ci farà udire in quel libro stesso le cose più portentose.

E poichè siamo alle mani co’ Gesuiti, le dirò, quanto al Mariana, che mi sono altre volte maravigliato come uomini così prudenti abbiano posto a luce un libro di tal fatta, non punto meno empio di quello del Machiavelli.2 Ma dei sette trattati che la romana


  1. Altro controversista, che vestì panni gesuitici.
  2. Si allude al famoso trattato di Giovanni Mariana di Talavera, che porta il titolo De rege et regis institutione, nel quale apertamente sostiene il regicidio e difende Giacomo Clement; onde fu censurato dalla Sorbona e condannato alle fiamme dal Parlamento di Parigi. Nel parlare del Machiavelli, si vede come qui il Sarpi segua le volgari opinioni. È, poi, deplorabile che un ingegno come quello