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lettere di fra paolo sarpi. 407

ricevuta dal signor Gillot. Prego la S.V. ad informamelo, e a lui tenermi raccomandato con tutto il cuore.

Quando corre costà la novella che a Roma fu colpito di censura un libro, ciò vuol dire che è stato messo nel catalogo dei proibiti per la lettura; com’è accaduto alle opere di Wildrington, Richer e Vigor.1 Imperciocchè non dànno fuori vera e propria censura di ciascun libro: quando anzi quel qualunque giudizio non riescisse d’approvazione piuttosto che di condanna, com’è incontrato al Becano. Ogni libro iscritto in quel catalogo s’ha per riprovato in tutta l’Italia, eccetto il dominio veneto; dove, dopo il 1595, nessuna opera può reputarsi condannata senza l’assenso del Principe.

Non s’è visto qua il libro di Schulcken di Gheldria, ch’Ella rammenta; nè mi fa caso che l’inquisitore di Colonia abbia approvato la dottrina pestifera del medesimo, quando vedo che in essa città si stampa quello che non osano a Roma. Anche Matteo Torto2 fu stampato ivi la prima volta. Ogni giorno, a quel che veggo, questa gente peggiora; ma più nuoce in maschera, com’Ella maestrevolmente osserva, che scopertamente. Io ho subito ordinato che mi mandino dalla Germania quel libro; il quale penso


  1. Simone Vigor, nipote dell’arcivescovo di tal nome, che aveva caldissimamente scritto contro i Calvinisti ed altri eretici, fu insieme sostenitore acerrimo delle libertà gallicane; e avendo scritto un commentario De auctoritate cuiuslibet concilii generalis supra Papam (stampato in Colonia, 1613), siccome era perciò perseguitato dai curialeschi, difendevasi dicendo, che nulla aveva asserito che imparato non avesse dalle opere del venerando prelato suo zio.
  2. Cioè il libro del cardinal Bellarmino contro il re d’Inghilterra.