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386 | lettere di fra paolo sarpi. |
che siasi da voi altri sollevata una insegna di libertà. Non posso menar buono che Ella, come asserisce, non si manifesti fieramente acceso dell’amore di essa. Chè libertà fiaccamente difesa frutta maggior servaggio; e sempre dobbiamo aver presente la sentenza di Livio: essere rovinosi i mezzani temperamenti, che dei nemici non ti sbarazzano e non ti procacciano amici.1 Oh Dio volesse che tale osservazione, com’è conosciuta, così fosse messa in opera dai nostri! Ma assai difficoltà ci s’oppongono. Tutti sentono che sarebbe del pubblico interesse che a’ principi si ritornasse la signoria temporale, e la spirituale a’ vescovi: ma donde a ciò prender le mosse, nessuno lo sa. Filippo II, re delle Spagne, aveva, fra gli altri, questo segreto di dominazione: sostenere la potestà papale; la quale, sebbene tornasse perniciosa e a sè ed al suo regno, pure portava un vantaggio assai superiore a’ danni, col servire a tenere impigliati tutti i principi in rivolte civili. Il re attuale, o chi modera la pubblica cosa, non sembra che approvi tale strabocchevole autorità, e ha principiato a diminuirla in Spagna, e si è provato a fare il medesimo anche nel regno di Napoli. Ma dopo i moti germanici si sono dati all’inerzia, abbisognando la Spagna del papa e de’ Gesuiti per mantenere nell’impero la grandezza di casa d’Austria. I principi italiani, che amano tutti la pace, sono forzati di adattarsi a’ tempi e godere al possibile del presente. Il papa possiede in Italia una porzione non ispregevole di territorio, e
- ↑ Oh l’avessero così presente quelli a cui sarebbe debito averla, questa sentenza di Livio, del Machiavelli e del Sarpi; questa sentenza approvata dal comun senso e provata da tutte le storie!