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28 | lettere di fra paolo sarpi. |
la Repubblica abbia potuto conservare la sua libertà in questo stato di cose, dove il pontefice è donatore di tante facoltà: ma giova sapere, che siccome dal pontefice dipendono coloro che ottengono e sperano i beneficii, così gli sono in sommo grado avversari quelli che ne disperano. Questo avviene in quelle famiglie le quali vogliono che sieno nelle loro case continuati i grassi beneficii, e che non solo impediscono agli altri di conseguirli, ma non vogliono che ne resti altrui nè anche la speranza. Aggiungo che alcuni, non so per qual destino, nascono così votati allo stato chericale, che per nessuna utilità, per nessuna promessa possono esserne svolti. Oltrechè, le famiglie che posseggono beneficii non sembrano averne mai abbastanza, ma ne chieggono ognora di più: cosicchè poi altre di ciò si tengono offese. Queste cose fanno sì che nella curia abbiano più avversari che fautori coloro che tengono per legge lontani dai pubblici maneggi quelli che da essa hanno dipendenza. V’ha una legge, in virtù della quale il cherico o il beneficiario diviene incapace di qualsivoglia dignità, magistrato ed altro officio secolaresco: altra legge ancora, per cui il consanguineo del cherico sino al terzo grado, giusta il computo canonico, e l’affine sino al secondo, vengono esclusi da ogni segreto consiglio dove si tratti di cosa o di persona ecclesiastica, e per questo non possono intramettersi come giudici in causa civile o criminale, dove il fatto sia di chiesa o l’attore persona ecclesiastica.1 È fuori d’ogni dubbio che così
- ↑ Sono assai note queste leggi sapientissime della Repubblica veneziana.