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342 lettere di fra paolo sarpi.

venerdì scriverò a Francoforte, chè di là mi sarà mandato più comodamente. Poichè i Gesuiti s’affaticano operando d’acquistar il dominio di Francia, anzi di Europa, e che non si vede modo al presente di far loro opposizione, è bene, almeno con le scritture, instituire la posterità, se in questi nostri sarà perduta: la quale però voglio anco sperare che non averanno forza di opprimere totalmente; e forse ancora piacerà a Dio che questi principii sveglino quelli a chi appartiene, e che si rimedi anco al male già fatto. Starò aspettando la relazione che V.S. mi promette, sopra il libro senza pari, che si tratta di metter in luce.

Io ho sentito dispiacere così grande dell’incontro avvenuto a Richer, come fosse occorso a me stesso. Quella privazione del sindicato1 non nuoce solamente a lui, ma ancora alla causa. Io ne sono stato sempre in gran timore, e credo che quel signore dovrà aver innanzi gli occhi l’esempio dell’abate di Bois: il che non le dico senza ragione e senza qualche indizio.

Avevo già inteso la dichiarazione del re della Gran Brettagna, molto savia e commendata. M’è piaciuto averla veduta formale, e ringrazio V.S. così di quella, come dell’altre pezze che li è piaciuto mandarmi.

Di nuovo, un cardinale ha dato avviso all’ambasciatore della Repubblica in Roma, che è stato maneggiato una pratica contro la vita del padre Paolo: cosa che dà qualche disgusto al Senato.

Quanto al negozio di monsieur di Thou, passò


  1. Vedi la nota 2 a pag. 291.