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lettere di fra paolo sarpi. 333


Unitamente alle sue lettere ricevei metà della difesa del Montolon, composta da’ Gesuiti, che ho letto spesso con nausea e talvolta anche con riso. Se vi aggiungeranno la quarta parte, che contiene ingiurie verso gli avversari, faranno il loro mestiere. Ma mi fa caso come quel modo di scrivere sempre dannoso, praticato da essi non noccia presso al volgo; e debbon essere ben fortunati, se tutto facendo per finire di screditarsi, pur restano a galla. Questo di bene avrà portato l’arringa di Montolon o Cotton, che nel sermone del signor Servin si trova la soscrizione di quelli che dichiarano professare la dottrina della Sorbona. Ma qui si pare l’equivoco; intendendo essi per dottori sorbonici quelli che tengono le massime dei romanisti, e gli altri avendo in conto di dannati e tolti di carica. Veggo bene la difficoltà dello scrivere contro i loro insegnamenti; poichè confondono la propria causa con quella del papa, e non nel solo articolo della pontificia autorità, ma pressochè in tutti. Soltanto nel punto degli equivoci pare che facciano finora parte da sè stessi: ma creda a me, si accorderanno anche in questo, e presto; stantechè sieno onnipotenti nella curia di Roma, e l’istesso papa gli tema.

Ho scritto in Sicilia per aver tutta e per disteso la sentenza del vicerè contro i Gesuiti. Appena ricevuta, la spedirò a V.S. Credo che già le sarà pervenuta nuova della morte del capo di questa Repubblica,1 persona d’eroiche virtù. Era già da sei mesi caduto in una malattia, di cui non mai si riebbe appieno, e ogni giorno diceva ne sarebbe


  1. Il Donato. Vedi la Lettera CCXIII, pag. 324 e nota 1.