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290 lettere di fra paolo sarpi.

come le scrissi per l’altra, incerto se terminerà in differenza, ovvero in sospetto, ovvero in niente. Per la seguente, se sarà fatto lo scoppio, glielo scriverò.

Abbiamo qualche altra cosuccia, nella quale li nostri papisti ci esercitano, e si va rimediando; e quantunque non si faccia tutto quello che si dovrebbe, quel tanto che si fa non è sprezzabile. È occorso in Ravenna, che avendo congregati il car- dinale Gaetano, legato, li gentiluomini di quella città ed esortatili a provveder ad una imminente carestia, gli rispose uno di casa Rangone, principale di di quel paese, che essi non sapevano come provvedersi, nè a loro toccava, ma a lui, che con la concessione delle tratte aveva vuotato il paese di grano estratto in Italia. (Si chiamano tratte le concessioni di portar il grano fuori del paese, pagato un tanto per misura.) Il cardinale diede una mentita al gentiluomo, e il gentiluomo sfoderò il pugnale contro il cardinale, nè successe maggior male, perchè fu impedito dalli circostanti. Questa sarà una cosa di dura digestione, e che avrà conseguenza. Vi sono alcune cosucce, le quali le saranno scritte da monsieur Asselineau, che io non replicherò, per non esser di maggior tedio a V.S.

È partito di qua il signor Gussoni, e Barbarigo all’arrivo di quello di Torino sarà di ritorno qua, e io credo al mezzo del mese seguente. Ad esso signor Gussoni io ho dato due lettere, una direttiva a V.S., la quale egli le manderà quando sarà giunto; ed al signor Barbarigo ho scritto che gli dia1 tutti gl’indirizzi di tener corri-


  1. Cioè dia, esso Barbarigo, al Gussoni.