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lettere di fra paolo sarpi. | 281 |
ciò, io credo bene, che questa differenza non partorirà alterazione di cose.
L’abbate di Bois non fu messo in monastero alcuno, ma nelle prigioni dell’Inquisizione; e fu impiccato nella maniera che io scrissi a V.S. Tutta Roma lo sa; ma la corte dell’ambasciatore di Francia dice che fu un altro, con riso però di chi lo ode.1
Monsieur Assellineau m’ha mostrato il capitolo della lettera di V.S., dove narra la cosa di Castrino: la quale è vera, ma è vecchia di più d’un anno, e il Padre ne fu avvisato allora, e pertanto cessò di scriverli. Non sa però se quelle lettere sono state mandate in Roma. Questo già non è vero, che di là siano andate in Venezia, nè meno che per ciò sia avvenuto alcun male; nè esso Padre crede che sebbene fossero mandate, potessero partorir niente: nondimeno, stimando ogni cosa come si conviene, cessò allora di scrivere, con proposito di non scrivere mai più.2 Io son risoluto in me medesimo di non aver familiarità alcuna con gli ambasciatori di Francia, per li rispetti saputi da V.S., e per altri.
Rendo molte grazie a V.S. per la lettera che mi ha mandato per mostrar al Gussoni. Per quella strada continueremo la nostra communicazione; e quando egli anderà in Torino, darò ordine che Barbarigo li dia istruzione del modo che dovrà tenere. V.S. lo potrà aver per gentiluomo di bontà e ingenuità, non però della capacità di Barbarigo; e communicar con esso lui tutte le cose, eccetto di Evangelio, se non in quanto queste fussero congiunte con