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264 | lettere di fra paolo sarpi. |
egli adesso fa, tutti i miracoli, sì che i vecchi hanno perso la piazza. Quanto a quello lucchese, io ho avuto dubbio che costà la fama passasse tale a punto, come V.S. mi scrive. Ma non è fatto per far piacere al papa; e di quella morte ne sono stati autori i politici. Il poveretto è capitato là per imprudenza, non per l’Evangelio. Ma sarebbe cosa lunga il narrarglielo.
Quanto alle cose di qui, il papa non vuole in modo alcuno controversia, e senza dubbio la Repubblica potrebbe fargliene quanto volesse: ma essi, come le cose passano, quanto più è veduto atto a sopportare, tanto più dicono che bisogna astenersi, di modo che e il bene e il male si conviene tornar in male.
Il Padre è molto insospettito per la venuta di Badoero, e ci anderà cauto; ma la giornata scoprirà. Gli Spagnuoli faranno senza dubbio tutto quello che vorranno in Italia, camminando con passi così tardi e così corti; che se volessero affrettarsi o allungarsi, sarebbe il nostro bene. Delle cose di Savoia non occorre pensarci niente, perchè sono tutte
necessaria dal voto popolare, perocchè il popolo aveva cominciato a rendergli una specie di culto insino dal giorno della sua morte: onde Paolo V, nel 1610, videsi in certa guisa costretto a confermarlo. Sono a tutti notissime le prove di accesa carità date da quel prelato nel tempo che Milano fu desolata dalla pestilenza; ma i cherici e i clericali non furono nè forse sarebbero i più solleciti ad informarci, com’egli, già vestito di porpora e venuto al possesso della mensa arcivescovile della sua patria, ne divise in tre parti le rendite, una delle quali destinò ad essere distribuita tra i poveri, un’altra ai bisogni della sua chiesa, e la terza al suo proprio mantenimento; e che dell’uso che di questa avea tatto, soleva poi rendere minuto conto nei sinodi provinciali.