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lettere di fra paolo sarpi. | 249 |
nimo fallo di chi la scrive la rende inintelligibile, e anco chi la interpreta ha bisogno di star molto diligente.
Quanto al successore di Barbarigo, egli non è per andar a Torino se non dopo pasqua; onde fino a questo mentre potremo pensar diverse cose: e chi sa che forse adesso a Barbarigo non toccasse Francia? Saranno tre, de’ quali egli è uno; l’altro è amico mio; del terzo non avrei confidenza; i quali hanno d’andar in Francia, Spagna e Inghilterra. Ma la ventura sarà se de’ duoi me ne toccherà uno, e il terzo vada in luogo simile a sè. Ma tornando al futuro, di Savoia non li mancherà persona che li scriva, come per mestiere, le occorrenze; ma questi non le sanno giudicare. Il suo desiderio sarebbe di persona prudente, che quando vi è cosa degna e non volgare, li somministrasse quel giudicio che il presente può far più che l’assente. Ma di questo nel tempo intermedio averemo occasione di trattare. Io non l’ho veduto ancora questi due giorni, per fargli relazione di quello che V.S. mi scrive in questo particolare, e so li sarà gratissimo.
Io non credo di dover dir altro a V.S., se non che il gentiluomo polacco che fu qui, e mi vidde per parte di monsieur Du Plessis,1 avendomi portato sue lettere, alle quali anco risposi per mezzo di V.S., mi disse bene che monsieur Du Plessis mi mandava il libro, ma non sapeva per che via. Io non ne ho nuova ancora; ma ne ho ben veduto un altro, e lodo sopra modo l’arte e la fatica la quale, senza dubbio, o da lui o da qualche altro sarà au-
- ↑ Vedi al principio della Lettera CLXXXI.