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226 lettere di fra paolo sarpi.

bandonati. Abbiamo anche spesso tentato di provocarla; ma fatta più accorta dai passati pericoli, ha deluso i nostri sforzi, e premendo l’ira nel petto, non cessa d’ostentare all’estemo i soliti modi lusinghieri. Da ciò la sicurezza dei nostri, il risorto amore dei piaceri e l’avversione ad ogni qualsiasi cambiamento, quand’anche colla certezza del meglio. In mezzo a questa poltronesca pace, nessuna speranza può aversi negli umani consigli; e se alcuna ne resta, si è in Dio solamente.1 Ma le divine disposizioni sono arcane per noi; e chi queste ignora non dovrebbe in tal fiducia addormentarsi, aspettando il tempo del suo beneplacito. Sarebbe, al mio credere, da tentar piuttosto ogni cosa.

Voi altri Alemanni e Francesi continuate gagliardamente il lavoro, e noi vi ammiriamo e lodiamo; ma i vostri sforzi giganteschi e i forti colpi che scagliate, non molto approdano, come quelli che mirano soltanto ai lembi. Volesse il cielo che poteste drizzar la mira verso il cuore! a questa Italia, cioè, dov’è la fonte e il principio dell’esistenza del papa e dei Gesuiti. Sarebbe da imitar Scipione che, portando la guerra in Africa, costrinse Annibale ad uscire dall’Europa. Fintantochè in alcun luogo dell’Italia le chiese stesse non si riformino, o che la guerra non ischiuda le porte alla libertà, le forze papali rimarranno invulnerate ed intere. Ma come ciò dico secondo il lume dell’intelligenza umana, così ben so essere a tal fine necessario il divino


  1. Chi, dopo il raffronto di tante altre Lettere, potrà dubitare che questa pure non uscisse dalla mente e dal cuore del Sarpi? Sarebbe, contuttociò, esagerazione e temerità (per non dir altro) il cavarne le conseguenze che taluno nei giorni nostri ha voluto inferirne.