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lettere di fra paolo sarpi. 225

parlar nè al papa nè al Borghese,1 se ne tornò fuori. Adesso si tratta di dar qualche soddisfazione al cardinale: di che l’ambasciatore di Spagna fa maggiore instanza di tutti. Frattanto que’ poveri gentiluomini, oltre l’esser stati in prigione la notte, hanno scosse di buone bastonate con li calci degli archibusi. Ho voluto, non avendo nuova di momento, scriverle queste leggère; e qui facendo fine, le bacio la mano.

Di Venezia, li 16 agosto 1611.




CLXXXI. — A Filippo Du-Plessis Mornay.2


Pregiatissimo signor mio. Da quel nobile polacco che viene di costà, ho saputo qual sia lo stato della Religione in Francia; ed egli, alla sua volta, quale sia qui il nostro. E non solo l’ha appreso, ma toccato quasi con mano. Voi sempre, la Dio mercè, progredite; e noi facciamo passi retrogradi. Venne meno il coraggio d’una volta; e nelle buone occasioni ci vediamo talmente abbandonati, che nè a seminare siam atti, nè a coltivar ciò che già erasi seminato. Allorchè la meretrice insultava ai nostri sfrontatamente, avemmo insieme la strada aperta al parlare ed all’insegnare: ora costei si è data a far carezze, e di qui l’ozio a che i nostri si sono ab-


  1. Il cardinale Scipione Borghesi, nipote del papa, segretario di stato, e quanto al temporal governo (secondo il consueto) vero papa.
  2. Dalla Corrispondenza ec. citata alla pag. 148 del tomo I; e colla osservabile indicazione De padre Paulo. Vedi anche a pag. 49, 95 e 109 di questo stesso volume.
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