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lettere di fra paolo sarpi. 215

prego la Maestà divina che succeda, tenendo per fermo che ciò importi alla Religione non meno in Italia che in Francia.

È venuta nuova qui, che il primo presidente abbia mandato via il padre Goutieri,1 che mi parerebbe un buon principio e fondamento di gran speranze.

Finalmente tutta la macchina papistica è al presente sopra i Gesuiti. Viene a Roma il confessore di Leopoldo, per fare l’ultimo sforzo delle cose di Germania. Di là abbiamo continue nuove di confusione, ma nella maniera che sogliono passar tra’ privati, e non tra’ principi; tutte con consigli medii, che servono a confondere sempre più. Nissuna cosa di que’ successi m’ha parso considerabile, se non la resoluzione di quei prelati di contribuire ogni anno 500 fiorini per fare tesoro. Invitano a parte anco il pontefice, il quale però non ha nissuna inclinazione d’implicarsi in altro che in metter pace. Le città hanno gran ragione di non restar soddisfatte delli prencipi collegati con loro, poichè del fatto di Donavert,2 che fu principio e causa della collegazione, non si è trattato niente; e se non averanno qualche incitamento degli avversari che li faccia riunire, quella lega farà pochi progressi.3 Non pare che di


  1. Così ha la prima stampa; onde parrebbe nome non di stampo italiano. Comecchessia, e per la sua desinenza e per parlarsi (come sembra) di un gesuita, non è da confondersi con quelli di Gonthieres o di Goultier, portati anche allora da illustri uomini della Francia.
  2. Città della Baviera, di cui parlasi anche alla pag. 94.
  3. L’indole politica degli Alemanni ha sino a qui (se i fatti visibili non c’ingannano) variato assai poco; e l’acuto ingegno del Sarpi troppo bene avea saputo giudicarla!