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lettere di fra paolo sarpi. 213

se non questo universale: che l’imperatore resterà affatto senza nissuna reputazione, e passerà questa qualità anco nel successore, sia chi si voglia; e li regni d’Ungheria e Boemia, perduto l’imperatore, non saranno acquistati al fratello se non in nome; ed essi, in luogo di libertà, daranno in una confusione che potrebbe esser finalmente la loro rovina, e a vantaggio de’ Turchi: i quali se concluderanno la pace di Persia, come sono vicini a fare, volteranno le loro armi nell’Ungheria, dove già pullulano i semi delle discordie per la causa di Transilvania.

Le confusioni di Germania non dispiacciono a Roma, come alcuno crederebbe, parendo loro che perciò saranno sicurati che non possi più esser imperatore che miri alle cose d’Italia, dacchè quella corte teme, perchè in altro non pretende maggiormente, che sopra lo Stato romano. Nè ai Gesuiti quelle dispiacciono, perchè essi nella confusione si maneggiano e crescono di potenza. E si vede in effetto, che in questi tumulti hanno fatto un nobilissimo collegio in Bamberga, e aumentato grandemente quello di Praga.

Qui in Italia siamo in ozio così nocivo, sebbene universalmente amato e desiderato, che voglia Dio non sia causa la sicurezza che si promette, di farci cadere in qualche repentino male. Non solo ci troviamo sicuri, ma giudichiamo anco impossibile che da nessun luogo possa venir chi turbi la nostra tranquillità.

Nella differenza che scrissi per la passata, col papa, per ancora non posso preveder quello che sarà. Dico solo, ch’esso ha detto contentarsi di ogni cosa, purchè in apparenza si mostri di portargli qual-