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208 lettere di fra paolo sarpi.

di cotesto regno, al quale io non temo gran male dal papa, per esser da poco;1 nè molto dal re di Spagna, essendo forse più minore che il re di Francia: ma ben grandemente dall’inestimabile malizia dei Gesuiti. Fanno senza dubbio molte delle loro pratiche ad istanza di quei duoi; ma le peggiori e più scellerate per proprio moto. Ho gelosia non solo per costì, ma anche per Venezia, prevedendo che, al sicuro, se non averanno che far in altro luogo, volteranno tutti li suoi pensieri qui, non senza pericolo di restarne oppressi.

Con questo corriere è venuta nuova, che un gentiluomo si sia dichiarato della Religione, e abbia occupato una città: che mi par cosa di notabile considerazione; e in ogni modo, si dimostra esser principio di gran conseguenza. Ma nell’assemblea spero sarà provvisto ad ogni inconveniente.

Ho molte volte assicurato V.S. che le armi di Savoia non avrebbero altro fine che la desolazione di quello Stato. Adesso lo vediamo in effetto. Quello che dà maraviglia a qualche speculativo, è che li Spagnuoli abbino levata quella guarnigione che si ritrovavano in Savoia, con gran dispiacere e resistenza del Duca; e pur la ragione avrebbe persuaso, ch’egli ne avesse dovuto fare istanza e gli Spagnuoli resistenza.


  1. Paolo V avea cominciato, come molti fanno, a pontificare con gran vigore, da ciò sperando l’immortalità del suo nome; ma provato avendo come fosse difficile per siffatto modo il conseguirla, diedesi a battere una via molto più piana ed agevole: quella del fasto e della così chiamata magnificenza; tanto che Roma va piena d’iscrizioni apposte, comecchessia, a vecchi o nuovi monumenti e ammirati per lo più solo dal volgo, le quali portano il suo nome.