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lettere di fra paolo sarpi. 199

cosa che dà da pensare assai, essendo costume di Spagnuoli più tosto di esser prodighi nel donare, che inclinati al contrario. Però queste cose dànno poco da pensare, essendo certo che quel re vuole onninamente la pace in Italia.

Gli occhi di tutti sono rivolti alle cose di Germania, le quali sono di tanto momento e così gran conseguenza, che maggior non si potrebbe pensare. Sopra tutto, io resto pieno d’ammirazione, come, essendo noto a ciascuno che i Gesuiti sono stati autori e istigatori di tutto il male occorso, siano nondimeno esenti dal partecipare ai pericoli ai quali è esposta l’altra parte, e restino sicuri di continuare a far ardere il fuoco maggiormente. Piace così a Dio di acciecar il mondo, che non vegga nella luce del sole.

L’apologia di Richéome è libro troppo grosso da venir col corriere. Non vorrei, che V.S. prendesse questo incomodo, perchè vedrò di farlo capitare a Francoforte, di dove mi verrà con gli altri libri della fiera.

Ho veduto l’apologia che fa per i Gesuiti l’arcidiacono di Rouen: cosa molta artificiosa, però che porge materia di dire assai cose. Se la Sorbona dasse fuori quel decreto che fecero il primo di febbraio, io avrei per singolar favore di riceverne una copia; ma se non lo dànno fuori, non è cosa da curar molto.

Una cosa mi si rende dubbia, della quale desidero esplicazione da V.S. con suo comodo. Il re di Francia è di anni dieci, quando a me pare che l’uomo abbia intelligenza assai, e possi dire — voglio; — e pur non lo sento nominare, come se fosse in fasce. Desidererei che a V.S. fosse dato carico d’andare alla Congregazione generale, e spererei qualche buon frutto: come prego Dio, che si effettui. Il quale an-