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lettere di fra paolo sarpi. 189

emenderanno gli errori commessi per la furberia e le suggestione dei nemici, io ne prenunzio loro altri e ben più solenni. L’Epistola a Paolino Ex-datario,1 che io ricevei con la lettera della S.V. dei quindici di dicembre, enumera molte ruberíe fatte dai Gesuiti oltre l’Alpi: il che io ignorava. Ma Italia non ne va libera, e qui lavorano colle stesse arti che fanno oltremonti. Ma io mi maraviglio sommamente del potere o strapotere ch’essi esercitano costà; ove potendosi stampare e ritener tutto, pur non è lecito di toccar loro: se non che, quanto più favori usurpano, tanto mi lusingo che dovranno più presto restar colpiti dalla concordia dei buoni.

Compiacciomi e lodo che la S.V. non si disvolga dal mettere insieme pubblici documenti. In questo è da insistere con maggior nervo, per contrabbilanciare gli altrui accaniti sforzi. Fa stupore che lavorino all’uopo di mani e di piedi dieci e più Gresuiti, volendo per sè e pel papa l’imperio del mondo. I principi e i loro intimi ministri non sanno prendere un partito; e, quel ch’è peggio, incutono paura ai volonterosi che si oppongono. Io metto molta fiducia in cotesto Senato e nei suoi singoli membri; e confido (purchè diate ascolto a Tocsin) che saprete prendere le prime occasioni opportune, o piuttosto andare incontro alle sopravvegnenti. Ma io sono un dappoco dandomi a credere di spronar chi già corre. Lasciate queste intramesse, vengo a’ casi miei propri.

Il servirmi del legato Foscarini non mi par più


  1. Questo, con gli altri titoli d’opere che s’incontrano in questa Lettera e nelle più prossime, li abbiamo per capricciose denominazioni di libri che si scrivevano intorno alle religiose controversie di quel tempo.