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188 | lettere di fra paolo sarpi. |
e le deliberazioni fatte in contrario dal privato Consiglio del principe. Nè potemmo non rammaricarci considerando i destini di una stirpe valorosissima, che, per codardia e corruttela di pochi, è costretta a vedere scrollati i fondamenti del regno e a sopportarlo in pace. Ogni giorno più si chiarisce qual buon giuoco abbia fatto a’ nemici la morte del gran re. Faccia Dio che non si abbia da conoscere appieno, prima che passi l’anno. La vostra disgrazia è anche disgrazia nostra, poichè secondo i successi di costà gli animi s’ingagliardiscono o si spaurano. A Roma narrarono cotesti fatti con una tal quale adulazione verso di noi, esclamando che qui si era adoperata maggior prudenza, per non essersi posto mano a scritture: il che se torna gradito al volgo, non toglie a’ savi di conoscere dove mirino cotesti panegirici, nè di sospettare d’artificio in quel confonder tutto, battezzando (atteso l’indole nazionale) per prudenti noi, i quali, comunque fermi nel fronteggiare gli ostacoli, siamo alquanto rimessi in quanto all’affrontare le utili imprese. Non può negarsi che ciò non abbia portato grave ferita alla riputazione ed alla dignità comune; e pure ho per fermo che i buoni Francesi si mostreranno più ardimentosi che timidi nel tempo avvenire.
Io ricevei due lettere della S.V.; l’una del primo di dicembre, con l’esemplare dell’arresto con l’Apologia di Euformione e col non mai abbastanza lodato Tocsin. L’Apologia è gravissima d’erudizione, e dimostra nell’autore un ingegno svegliato e sodo; ma l’autore del Tocsin è assai intendente di faccende politiche. Voglia Dio che venga ascoltato dai vostri magnati; i quali se continueranno a dormire e non