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170 | lettere di fra paolo sarpi. |
adoperò con fermezza a Nimes, dove furono abbruciati libri di falsi miracoli: resta adesso che usino maggior costanza quelli cui tocca, e che sono sollecitati dagli esempi dei predecessori. Aggiungerei che ciò sarà per tornare utile all’Università in quella disputa che dovrà sostenere coi Gesuiti, quando, oltre a quello che avvisò l’autore della Supplica alla regina sugl’insegnamenti gesuitici rispetto alla quistione della superiorità del papa al Concilio, aggiungasi pur l’altra della superiorità del papa al re. Ma perchè cotesto nunzio s’è tanto travagliato costà, quando il pontefice non ha mosso parola al legato veneto, e il nunzio qui non ha aperto bocca sul fatto della Repubblica? Si dànno forse l’aria di padroni in Francia, dopo che il re fu morto (se non per altri mezzi) dalle loro dottrine?
Ma di ciò basti. Se (come la S.V. scrive) la sfacciataggine dei papolatri le rivolta lo stomaco e le fu di sprone a metter fuora quei documenti sulle libertà e i diritti della Chiesa Gallicana, io non piglierò troppa collera contro una tale sfacciataggine, che fu occasione di tanto bene e a noi e a tutta la Chiesa. Perocchè importa a questa che tali cose si pubblichino e sieno vedute da tutti. Ma frattanto vorrei che questo pensiero non andasse innanzi a quello della sua sanità; la quale anzi esorto e scongiuro la S.V. a curare. Io penso che la malattia di calcoli ond’ha poco fa avuto travaglio (e godo che per poco), le sia derivata dalla non mai intermessa applicazione agli studi letterari. Accetto la promessa degli Atti del senato per lei raccolti, ed ho già fatto mettere il suo nome nel calendario.
Avevo veduto (e non senza nausea) la testimo-