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lettere di fra paolo sarpi. 169

questo proposito vorrei rivivesse l’antico coraggio e costanza del collegio della Sorbona; giacchè, se fosse proibita una volta quella perversa dottrina da qualche università cattolica, i principi ne prenderebbero animo a sostenere la propria dignità. Perocchè tutti si lasciano spaventare a quelle parole: Questo è di fede cattolica; chi altrimenti sente è un eretico; così decisero la Chiesa, i Concili, i SS. Padri e tutti i dottori. Questa è la testa gorgonica; sono questi i viperei crini. Io anelo che questa controversia discutasi piuttosto pubblicamente, che da private persone; sia perchè s’affermi e difenda l’autorità principesca, come reclama al tutto il vantaggio dello Stato e l’onore divino; sia perchè cadrebbero tutte le altre quistioni gesuitiche e romanesche, che a quest’una fan capo. Voglia credermi: tutte le loro mire son volte a questo; e se alcuno s’attentasse a rapire Dio dal cielo, non se ne darebbero per intesi: basta che rimanga al papa la sua vicedivinità o, meglio, sopradivinità. Nella sua scrittura, il Bellarmino ha detto chiaro, che il restringere l’autorità papale alle faccende spirituali, torna lo stesso che annichilarla: tanta hanno stima dello spirituale, da paragonarlo a zero.1

Questa Repubblica, per la prima, non temè d’estirpar un tal libro dal suo dominio, camminando innanzi a coloro che avrebbero il dritto e la forza di operare. Questo si attende da voi. E altrettanto si


  1. A noi par logica questa del buon Servita, e logica veramente cristiana. Altri vegga se, dopo due secoli e mezzo, le dottrine del Bellarmino rivissero; e che cosa fruttassero e fruttino e sieno per fruttare alla Chiesa ed alle nazioni che a loro moral codice tengono il Vangelo.