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162 lettere di fra paolo sarpi.

CLXI. — A Giacomo Leschassier.1


Dalle sue lettere dei 15 ottobre rilevai chiaramente in che termini sia la quistione dei Gesuiti con cotesta Università. Ah! il ciel volesse che il Senato prendesse a far quello che con buoni auspíci si operò a Nimes: davvero che ne tornerebbe giovamento non che alla gioventù, ma a tutto il regno. Se i Gesuiti costà si recano alle mani l’insegnamento, ben presto domineranno tutta l’Università, e sarà inevitabile l’eccidio delle buone lettere. Ma a che rammento le buone lettere? Dovevo dire la buona e sana dottrina, della quale è veramente micidiale la Compagnia. L’autore della Supplica composta in nome dell’Università, svela l’arcano della stragrande potenza ecclesiastica; la quale se tolgasi al Concilio per concentrarla tutta nel papa, i principi si ridurranno non in servaggio, ma in catene. Piaccia a Dio che il Senato ponga mente a questo e agli altri capi d’insegnamento; perocchè grandemente è a temere per parte vostra il loro conato di porre ora a noi violentemente in sul collo la strabocchevole potestà regio-papale. Nè pensi la S.V. che il tentativo di Bellarmino sia stato senza il consiglio della curia: di ciò siamo ben ragguagliati, e sappiamo pure dove s’erano drizzate più altamente le voglie. Ma trovato l’intoppo, si principiò a mutar partito. Che se da voi altri si operasse cosa alcuna che facesse al proposito, vieppiù si rinfrancherebbero i nostri, e con maggior lena si contrapporrebbero agli sforzi degli avversari.


  1. Impressa, in latino, tra le Opere dell’Autore, pag. 92.