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156 lettere di fra paolo sarpi.

qualche speranza che in fine si possa far riformato. Dirò bene che lo sarà, se sarà savio, come si può credere che sarà, avendo consiglio di Bouillon; e forse da Dio benedetto viene permesso cotesti leggieri discorsi, per cavarne di gran bene. Li rumori e gelosie tra li grandi sono accidenti inseparabili ad uno Stato che si ritrova senza principe vigilantissimo e stimatissimo; ma che Conchini entri in questi pensieri, mi pare cosa tanto estraordinaria, che non posso finire di maravigliarmene.

La decaduta di Sully mi duole, essendoli restato affezionato per la sua costanza nella Religione; e finalmente, credo che non siano tanto cattivi li consigli di Villeroy e Jeannin: più temo Sillery come adulatore, e li Gesuiti come spagnuoli. Thou è appresso di me in così gran concetto, che più tosto dirò esser buona l’imbriachezza, che Catone cattivo. Sto con estremo desiderio aspettando quello che succederà nel litigio dell’Università con Gesuiti, poichè sarà indizio della buona o cattiva speranza; e perchè è necessario che siano fatte belle arringhe in questo proposito, le quali saranno per certo simili da ambe le parti alle scritture uscite all’Anticotone, e alla arringa della quale non si farà mai risposta che vaglia; e se io fossi amico del padre Cottone, io lo consiglierei a non publicar altra risposta, per non tirarsi addosso maggior tempesta. Ma che può fare il Padre, che non fosse portare una picciola candela nella luce del sole? Il che non sia detto per negare, ma, mostrata l’insufficienza, per aspettar comando che non superi le forze.

Per dire a V.S. alcuna cosa d’Italia, ogni giorno più siamo incerti se sarà guerra. Li Spagnuoli vanno