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lettere di fra paolo sarpi. 137


Poichè V.S., quasi dubitando, mi dice che il pontefice non farà niente sopra il decreto della Sorbona, io la leverò di dubbio. Si ha certo che non lo farà; e perciò li dirò di nuovo, già dieci giorni, è uscito un libro del cardinale Bellarmino, stampato in Roma, con titolo dell’Autorità temporale del Papa sopra i Principi; in latino però. Il pretesto è di scrivere contro Barclaio, ma il vero fine si vede esser per ridurre il papa al colmo dell’onnipotenza. In questo libro non si tratta altro che il suddetto argomento; e più di venticinque volte è replicato, che quando il papa giudica un principe indegno per sua colpa d’aver governo, ovvero inetto, o pur conosce che per il bene della Chiesa sia così utile, lo può privare. Dice più e più volte, che quando il papa comanda che non sia ubbidito ad un principe privato da lui, non si può dire che comandi che principe non sia ubbidito, ma che privata persona; perchè il principe privato dal papa non è più principe.1 E passa tanto innanzi, che viene a dire che il papa può disponere secondo che giudica ispediente, di tutti i beni di qualsivoglia cristiano. Ma tutto sarebbe niente, se solo dicesse che tale è la sua opinione: dice, ch’è un articolo della fede cattolica, ch’è eretico chi non sente così;2 e questo


  1. Quando siffatte cose, e che tutti anch’oggi posson leggere, si scrivevano pel pubblico, che cosa è da pensare delle menzogne, delle arti infernali e delle viltà di ogni genere che i Gesuiti usar doverono per farsi non che sopportare, ma eziandio per mantenersi potenti nelle corti? Non può, tra gli altri aneddoti, non tornare qui a memoria l’abituale interrogazione del confessore gesuita a Luigi XIV: Quoties Majestas vestra dignata est adulterium perpetrare?
  2. Vedasi la Lettera CLIII, pag. 129-30 ; e il secondo paragrafo della CLVI.