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136 lettere di fra paolo sarpi.

comandamento di V.S., dandole in ogni mia conto di quanto averò ricevuto da lei.

Ho sentito grandissimo piacere ch’Ella abbia risposto al signor ambasciatore Barbarigo, del quale non ho scritto a V.S. con alcuna iperbole, ma più tosto molto di sotto di quello che in verità è;1 e non saprei trovar in questa nobilità persona che l’avanzasse in bontà e prudenza; e son sicuro che riuscirà tale a V.S. così trattando con commercio di lettere, come personalmente: perchè Ella averà ben occasione di vederlo anco di presenza; poichè, finita l’ambascería nella quale serve adesso, sarà destinato in Francia o in Inghilterra, o forse sarà il primo che anderà in Olanda. Li avvisi che V.S. li darà, e maggiormente le instruzioni e considerazioni sopra quel che passa, sarà utile non tanto a lui, quanto al pubblico; e in particolare, sarà molto a proposito ch’egli sappia tutte le insolenze che usano i Gesuiti costì.

È fondatissimo il discorso di V.S., che il papa e Roma non pensano altro che vendicarsi contro la Repubblica, ma sentono bene ancora essi le difficoltà insuperabili che li conviene scontare; perchè, quando pensino farlo senz’armi, riusciranno ridicoli come altre volte; ma quando con quelle, sono certi che non si può fare senza empir l’Italia di confessionisti e reformati, ch’è loro estrema destruzione. Nè creda V.S. che il papa si fatichi maggiormente di comporre le difficoltà, di quanto Spagna vuole e li comanda: ma se in Italia sarà guerra o no, io son così incerto, che non pendo più in una parte che nell’altra.


  1. Vedi la Lettera CXLVII, pag. 98.