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110 lettere di fra paolo sarpi.

rimentato che le minacce e gli aspri modi a nulla giovavano, diedesi a far carezze: l’altra, che in mezzo a questo superlativo rumore d’armi, uno è il pensiero di ambedue le parti; che, cioè, si mantenga la pace d’Italia; mentre, per lo contrario, noi avremmo ragioni assai per desiderare la guerra. Nè già per questo noi la scansiamo; ma solo dilazioniamo di farla in tempo e stato di cose meno opportuno.

Non so affidarmi nei moti della Germania: quei popoli io vedo deboli e divisi. I Batavi, all’opposto, sono forti, concordi, industriosi: in questi è la mia speranza. Spero altresì che in breve sarà stabilita una scambievole e ordinaria ambascería tra essi ed i Veneziani: il che gioverà non soltanto ai maneggi politici, ma eziandio alla Religione riformata, perocchè questa potrà esercitarsi in casa del Legato. Sento che ancora i Grigioni pensino ad avere un agente pubblico in Venezia: di che nulla sarebbe al presente più opportuno, perchè ad esso farebbero capo le migliaia di essi che qui soggiornano; e, che più importa, l’esercizio della Religione diverrebbe libero ancora agli Italiani.

In quanto spetta alle altre cose, non potrebbero con sicurezza mandarsi le lettere pel nuovo ambasciatore Veneto, il quale è per venire costà. Noi facciamo tutto quello che ci è possibile; tuttavia con cautela di non chiuderci l’adito alle opportunità maggiori che fossero per venire. I Fiorentini vanno macchinando una lega generale fra tutti i principi


    Petrarca; nè per ciò alcuno li chiamò traditori d’Italia nè di Firenze nè di Toscana!!