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100 lettere di fra paolo sarpi.


So che V.S. sarà curiosa d’intendere con qualche verità l’infelice fine di Fra Fulgenzio, poichè Ella l’ha conosciuto, e tanto più quanto sarà diversamente presentato. Per ancora io non so il tutto certamente, e vado molto cauto in credere dove non ho buoni fondamenti: per il che, la narrazione che le farò, sarà vera, ma vi mancherà qualche cosa.

Partì Fra Fulgenzio, come V.S. sa, al principio d’agosto 1608, con patente di salvo condotto amplissimo, con particolare clausula, che non si sarebbe fatta cosa alcuna contro l’onor suo. Giunto là, trattarono che abiurasse e che facesse penitenza pubblica: egli negò costantemente, allegando il salvo condotto. Finalmente, perseverando nella negativa del fare penitenza pubblica, si contentò di fare una abiurazione segretissima innanzi un notaro e due testimoni, con nuova dichiarazione delli cardinali, che s’intendesse senza nessun suo disonore e senza nessun suo pregiudizio.

Passò Fra Fulgenzio, parte bene, parte mal veduto, fino al febbraio prossimo passato; quando una sera, sprovvistamente, furono mandati dal cardinale Panfilio, vicario del papa, li sbirri che lo presero, pretendendo ch’egli avesse fatto non so che di spettante al suo ufficio. Lo messero prigione in Torre di Nona, dove stanno li rei di delitti comuni. Diedero poi di mano sopra le scritture sue, e scrutinate quelle, lo trasportarono dalla prigione suddetta alle prigioni dell’Inquisizione. Là li furono date tre imputazioni: una, che avesse tra li suoi libri alcuni proibiti; la seconda, che tenesse commercio di lettere con eretici d’Inghilterra e di Germania; la terza, che vi fosse una scrittura di sua mano, la