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fra paolo sarpi. xliii

l’altro, ancorchè fossero vicini o parenti; e su non pochi peccati inquisivano, come se contenessero eresia; e una minuta vigilanza adoperavano su i libri e le opinioni e l’educazione della gioventù, che volevano trarre tutta a sè co’ Gesuiti e co’ seminarii. In una parola, il Clero ch’era surto in altri tempi talvolta come un tribuno imperterrito a difesa e favore de’ popoli, allora era un tiranno odioso; e i governi che in altri tempi erano stati violenti, assumevano allora la dignità, resistendo al Clero, di mantenitori della giustizia e amatori della libertà. Per poco che i governi abbiano voluto in questa parte abolire e restringere l’esorbitanza de’ preti, venne lor fatto, nè il fanatismo potè contro la ragione. Similmente, hanno potuto con facilità sommettere i chierici alla loro giurisdizione ne’ piati civili e nelle ricerche criminali, e abolire quelle che chiamansi immunità; e la ragione ne rende bellamente Fra Paolo in una lettera, dicendo che non veniva perciò scemata la libertà de’ cherici più che non fosse quella de’ laici, ma posto un termine alla loro licenza, della quale erano amatori ardentissimi. Agli occhi di tutti apparivano oggimai i danni della mano morta, che pigliando sempre e non aprendosi a render mai, tutte in poco volger di tempo avrebbe assorbite le ricchezze della società; e a questo avevano i preti un accorto trovato, ed era di rinnovellar gli ordini religiosi, che cominciavano col trar la vita mendicando tra le penitenze e i digiuni, e con siffatto tenor di vita arricchivano, e