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fra paolo sarpi. xli

rebbe mancata l’autorità insieme col vincolo della unità, o lo accenna in qualche luogo di queste sue Lettere; laddove, disarmata la Chiesa cattolica, era più facile l’accordarsi. Lungi dall’apporgli eresia, Pallavicino, che gli era tre volte avversario, come gesuita e cardinale, e Pallavicino, così ne parla nella Vita di Alessandro Settimo.1 «Gl’insegnamenti teologici di Fra Paolo erano semi di ateismo, togliendo la certezza di qualunque religione.» Il che vuol dire pe’ buoni intenditori, che Fra Paolo non dogmatizzava, distinguea la fede dalle opinioni, era teologo come Erasmo e canonista come Gersone. Io so bene che queste idee corrono ora le menti dell’universale; ma ciò pure prova il merito grande e il genio di Fra Paolo: perciocchè il genio altro non sia che un’anticipazione della luce che poi si diffonde su tutti; e dobbiamo dolerci che il Sarpi non abbia avuto nè agio nè voglia di formulare con rigore scientifico le sue sentenze su le relazioni tra lo Stato e la Chiesa; e tanto più dolercene, che or non vedremmo il clero dei paesi cattolici esser pressochè tutto quanto mutato in una setta, e i governi e i popoli non trovar modo di sciorla o di liberarsene, e perciò oscillare tra la religione civile, secondo gl’intendimenti degli antichi, o l’indifferenza religiosa, giusta le massime de’ filosofi del secolo scorso; e soprattutto, non trovarsi modo di togliere senza pericolo allo Stato il patronaggio della


  1. Libro IV, cap. XVI.