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fra paolo sarpi. xxxvii

non nasce dall’avere essa il diritto di contrapporsi al medesimo più che ogni altra instituzione puramente umana, ma dall’assistenza divina esplicitamente promessa da Cristo. Al contrario, ove fossero fondate le pretese de’ romanisti, non potendo insieme sussistere sovrani Stato e Chiesa, questa assorbirebbe di necessità quello. E qui notisi, che non sono da confondersi i principii del Sarpi riguardo al poter dello Stato, con quelli de’ legittimisti moderni; come si hanno similmente a distinguere le sentenze del Bellarmino e del Mariana e di Suarez da quelle de’ demagoghi. Il Sarpi non afferma l’assolutezza dello Stato quasi il medesimo non avesse origine umana; al contrario, i Gesuiti non erano fautori della sovranità della nazione, ma popoli e re sommettevano al papa, e ai suoi giudicii e interessi. Quindi la Chiesa è libera, in quanto Politeuma celeste, nel buono Stato; e non pure la Chiesa cattolica, ma tutte le Chiese e congreghe de’ credenti e religioni, in quanto pretendono d’insegnare una via di salvezza; potendosi applicare ad esse lo stesso principio, che le medesime non toccano per niun verso lo Stato. Ma per ciò che riguarda le cose terrene, non può venire scemata l’autorità dello Stato; salvo che il modo di esercitarla si accomoda ai tempi, e può variare perciò: e se si abusa del modo, giudice dell’abuso e riformatore non può essere che lo Stato; e per questa cagione ammira tanto il nostro autore la legge di Francia degli appelli ab abusu.

Sarpi. c