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fra paolo sarpi. xxxv

stretto a questi non è più il regno di Cristo, ma porzione di terrena repubblica, e però soggetta alla somma autorità, cui stanno proni anche i laici. Può annettersi una significazione ambigua a questa frase chiesiastico potere: perocchè se s’intende quello per lo quale amministrasi il regno di Cristo, il regno de’ Cieli, esso a niuna autorità soggiace, a niuna sovrasta, in niuna può dar di cozzo, se ne togliamo Satana con cui ha guerra continua: se quello poi onde s’indirizza la disciplina de’ chierici, esso non è potestà sul regno de’ cieli, ma parte della repubblica.... I principi che liberarono i chierici dall’autorità de’ magistrati.... fornirono a loro pretesti a pigliar per debiti i donativi, e spacciarli derivanti da giure divino, o almeno ecclesiastico. Io per primo in Italia fui oso a bandire che niuno imperante sciolse i cherici dal suo potere...1»

Le medesime cose ripetè al principe di Condé, quando costui ebbe desiderio di conversar con esso in Venezia: «Concluse il signor principe, ch’era bene a difendere la propria libertà, ma però conveniva tener maggior conto della religione, e non far cosa minima contro la religione per mantener la libertà. A questo io gli risposi, che non si possono incontrare e urtarsi se non quei che camminano per la medesima via; ma quei che vanno per diverse strade, non possono nè urtarsi nè incomodarsi. Che il regno di Cristo non è di questo mon-


  1. Lettera XCV.