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lettere di fra paolo sarpi. 326

che piacerà alla divina Provvidenza o compassionar le nostre miserie o punir li nostri peccati.

Ma ritornando alle cose d’Italia, sebbene il pontefice non ha sentito male il proclama, non possiamo confidare che tenda all’istesso successo la sentenza, massime perchè nella corte non è l’istessa moderazione che in Sua Santità. Alli prelati par cosa di molta lor deiezione, che un prelato tale sii giudicato, e veggono che con tal esempio si apre la via a levar loro qualche licenza: onde fremono, ed il loro lamento potrebbe tirar Sua Santità in altro parere di quello che ha mostrato avere al primo udito della nuova. Quel che sarà, e che ragioni porteranno, l’avviserò a V.E. per la seguente. Ora faccio fine, pregando Dio che la favorisca di tutte le sue grazie, e le bacio riverentemente la mano.

Di Venezia, li 23 ottobre 1609.




CI. — A N.N.1


Il Ciotti libraio è ritornato dalla fiera di Francoforte domenica solamente. Ieri gli recapitai quelle di V.S.; l’una venuta per lo spaccio presente, l’altra per il passato. Non vi fu tempo di parlare del negozio della stampa: oggi procurerò in ogni modo di ragionarne; e succedendo, gliene darò conto in fine di questa.

Ho veduto e letto il libro di Barclaio, che mi fu


  1. È tra quelle alla cui testa, nella raccolta di Ginevra, fu posto: “Le seguenti sono state scritte ad altri.„ Dal suo contenuto, noi la giudicheremmo diretta al Castrino.