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322 lettere di fra paolo sarpi.

le cose sue in Ispagna, perchè in Francia poco può avere, se non parole. Nel re di Francia non v’è se non ambizione di parere arbitro del mondo, ma non vuol guerra.1

Ho ragionato questi giorni con un gran senatore vecchio, in materia degli ambasciadori della Repubblica, il quale di lei m’ha detto questi particolari: che sono anni trenta da che egli va in Pregadi; che sempre ha veduto gli ambasciadori essere necessitati, per non poter eglino penetrare ogni cosa, a ritrattare le cose scritte bene spesso; e che a lei in due anni mai è occorso ritrattar niente, e però bisogna che la diligenza sua sia infinita: e m’ha più volte replicato ch’è cosa non avvenuta mai ad alcuno. Mi disse anco, che le sue lettere mai sono state tediose; ch’ella scrive chiaramente e senza affettazione. Io sentii di questo gran contento; ma fu ben contrappesato. Dell’ambasciadore Barbarigo disse che non valeva niente affatto: cosa di che ebbi gran dolore. Mi duole che V.E. avrà una gran spesa per il transito del Contarini,2 oltre le molte quotidiane per i gentiluomini che sono costì, e per quelli che per lo passato ha avuti. Però, siamo al fine. Veggo ch’ella non ha altra mira che l’onore. Iddio nel rimanente l’aiuterà.

Di Venezia, 16 ottobre 1609.




  1. Chi può leggere questa Lettera e non ammirare il coraggio civile e la penetrazione politica del Sarpi, non è nato per sollevarsi da terra, nè per iscrutare il segreto dei cuori e delle cose umane.
  2. Il quale andava ambasciatore straordinario in Inghilterra. Vedi la precedente Lettera, pag. 319.