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lettere di fra paolo sarpi. 285

bertà; cosa molto importante per l’Italia, con la quale confinano. Cleves però non turba il mondo. Queste cose pronosticano quiete. Non si fa gran conto delle cose degli Svizzeri, e io temo che forse di là non venga qualche male. Che infelicità possiede il secolo presente! A me pare un tempo di peste, che ogni male degeneri in essa: così adesso ogni controversia è di religione. Possibile che non vi sia altra occasione di far guerra.

Quanto all’Abbazia nostra, il cardinale non l’avrà in apparenza, sebbene in esistenza; e le cose sono terminate nella peggior maniera che potessero. Io vorrei che mai si fosse trattata questa materia, più tosto che averla condotta al fine dove siamo. Mi consolo che tutte le cose non possono andar bene: però non mi contento quando vanno male, perchè noi stessi vogliamo. Ma ci è bene un poco di colpa di costì; se bene chi fa male non si può scusar sopra la tentazione, se ha forza di superarla. Non posso scriverle di questa materia senza dispiacere: però qui faccio fine e le bacio la mano, e per nome ancora del padre Fulgenzio.

Di Venezia, il 4 agosto 1609.




LXXXVII. — Al nominato Rossi.1


Sono debitore di risposta a due di V.S., la prima portatami per il Ciotti, la seconda ricevuta per lo spaccio ordinano.

Sento molto piacere che si restituisca il commer-


  1. Dalla raccolta di Capolago, pag. 187.