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272 lettere di fra paolo sarpi.


L’avviso che V.S. mi dà di guardarmi da barche veloci, ha fondamento. Già so quelli che sono stati de’ primi trattati, ma la esecuzione è impossibile. Hanno osservato più d’un anno di trovarmi in qualche acqua non frequentata; ma io soglio non uscire di casa, salvo che per necessità, per non andare se non dove è necessario, al che consegue dov’è frequenza, che ha sempre reso il disegno vano. I pericoli sono di due sorti: altri probabili, e questi non sono molti; e da loro mi guardo con facilità e senz’afflizione: altri troppo sottili, e questi sono infiniti, nè vi si potrebbe pensare che con afflizione. Questi io voglio rimetterli in Dio. Non sono tanto debole di spirito, che mi rincresca il finire, se ben bisogna, adesso; ma certo è che non succederà se non cosa futura, cioè secondo il beneplacito divino. Le maggiori ragioni di dubitare sono ne’ cibi, e dov’è più difficile la cauzione; ma il pensarvi per via interna sarebbe un effettuare quello che ’l nemico vorrebbe per esterna.

Il libro del re d’Inghilterra è stato veduto qua in lingua inglese. Ho inteso che verrà in latino. M’è stato correntemente interpretato, e lo trovo libro sensato. Ma che infortunio è questo, che ognuno vuol mostrare eccellenza nell’arte non sua?1 Tutti parlano qui dell’editto regio contro i duelli. Mi sarà molto grato averne una copia, se però uscirà. Non


  1. Non piacevano al Sarpi, come sembra ancora da queste parole, i re letterati ed autori di libri; ma i re che maneggiano, come arte lor propria, le armi. Vedasi la Lettera XIX, a pag 59; e la susseguente del dì 13 di ottobre. Ed anche il Bianchi-Giovini scriveva a questo proposito: “Vuol dire che il re d’Inghilterra avrebbe fatto meglio a spaventare il papa colle armi, che colla penna.„