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lettere di fra paolo sarpi. 271

nanzi. Prego Dio che doni ogni felicità a V.S.; alla quale bacio umilmente le mani, come fanno parimente il padre Fulgenzio e il signor Molino. Quest’ultimo mi dice che non mancherà di scrivere a V.S. per pregarla d’una copia dell’ultima scrittura. A me sarebbe grato che tutta la nostra nobiltà seguisse i suoi sensi.

Di Venezia, il 2 di luglio 1609.




LXXXI. — Al nominato Rossi.1


I due libri mandati da V.E. sono ancora in viaggio, ed ebbi nuova del loro arrivo in Torino. Spero arriveranno qui la presente settimana, e saranno da me tanto più presto letti, quanto è stato più lungo il tempo che ho sopportata la sete. La lettera del Gesuita scopre per certo molti de’ loro arcani: lascia però i più importanti. Non si può negare che non rappresenti la loro petulanza intieramente. Io non posso persuadermi che da cotesto principe non sieno conosciuti intieramente, e piuttosto credo che i suoi rispetti fanno ch’egli sopporti, come fa. Possono far quello che vogliono; eglino sono di quelli, quibus viam cooperantur in bonum, cioè che sono il veleno della Francia: il che i tempi avvenire lo mostreranno. Ma è proprietà di certa sorte di savi di non curare se non i tempi della loro vita: anzi sono alcuni di loro che studiano acciò le cose, dopo loro, vadano alla peggio, per acquistar gloria nella comparazione.


  1. Tra le pubblicate dal Bianchi-Giovini ec., pag. 179.