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262 lettere di fra paolo sarpi.

ma già in Italia ha prevalso il costume che il papa dispensi ogni benefizio a suo grado. I più (cioè i grassi), in virtù delle regole di cancelleria, sono riservati; gli altri pochi e di minor frutto distribuisce lo stesso papa, se vachino da sei mesi; e ai vescovi non resta quasi nulla. Fronteggiare apertamente tanto sconcio, non va a sangue a molti, e non è agevole impresa: bisogna usar l’arte. Noi, come tante volte le ho scritto, mettiamo a profitto la legge, che niun fornito di benefizio possa pigliarne possesso senza lettere del Principe. Per venire a capo di qualche cosa, occorre allargarne il concetto. Davvero che è lunga la via; ma val meglio contentarsi anche del poco, che seguir partiti violenti.

Più disegni agito in mente; ma, solo, a qual pro? Oh! m’avessi qui persona a Lei simigliante, con la quale mi fosse dato svolgere questo istesso argomento! ben mi lusingherei che si trovassero espedienti di pronta efficacia. Ciò negandomisi, la prego a giovarmi così lontano. Le mando la formola delle lettere del Principe pel possesso dei benefizi; la esamini, e mi dica se ci si può aggiungere altro, che sia secondo la legge e faccia al nostro intento. Bisogna però che la giunta sia brevissima, e sfugga all’avvertenza e agli attacchi dei partigiani della curia; occorrendoci combattere non soltanto i nemici, ma talvolta anche noi medesimi. Se poi Ella ha in pronto argomenti per oppugnar dolcemente, o in tutto in parte, le riserve, la prego a manifestarmeli. Arde la lotta circa il monastero di Camaldoli e siamo alla crise del morbo; o Curia o Repubblica dee riuscir perdente. Io m’affido che la Repubblica vincerà: sostiene, infatti, una causa giusta, pia e