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lettere di fra paolo sarpi. 229

fosse un proemio e principio di commentario per preparar materia ad una opera buona. M’è stato carissimo aver veduto quel che ci è; e quantunque non sia quale risponda al valor eccellente di monsieur Vieta, ne ringrazio V. S. quanto so.

Se monsieur Alleaume riducesse il metodo della risoluzione delle cifre, farebbe opera molto degna. Io ho gran dubbio se questa materia sia capace di arte, e me lo causa la sua infinità; nè posso intendere come si possa ridur in arte quel che non si può ridur a numero. Mi persuado aver cifra che si può tener in mente (che importa molto, acciò non sia perduta o rubata la contracifra), e credo esser impossibile levarla, perchè infinitamente si varia, nè mai più d’una volta un carattere ha l’istessa significazione: ma è difficile da scrivere per il pericolo di fallare. Il che quando occorresse in un solo carattere, l’amico è spedito d’intenderla: per la qual cosa non è anco di gran uso. Ma lasciamo queste considerazioni.

Intorno la relazione dell’accidente miracoloso che mi scrive, non fu quella levata del suo plico, ma l’error fu il mio; quale io riconosco adesso. Aprii diversi pieghi che mi vennero di Francia in quel tempo, e posti tutti insieme per leggere continuamente, errai il luogo della suddetta relazione, ponendola appresso la lettera del signor ambasciatore: il che mi fece credere ch’egli l’avesse mandata; e vi concorse verisimilitudine, perchè egli è molto curioso: onde a lui risposi.

Dirò a V. S. sopra quel successo primo, che io mai non ardisco negare cosa alcuna riferta sotto titolo d’impossibilità o d’altro, sapendo molto bene l’in-