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210 | lettere di fra paolo sarpi. |
loro che vi sia un legato lasciato per testamento di quarantamila scudi, quando entreranno; ma forse quello che fa loro procurare l’ingresso, fa che altri glielo neghi.
Di monsignor Juventaux non ho alcuna cognizione, se non che vidi un certo poema di monsignor di Beaumont, inscritto a lui. È credibile che il discepolo si possa facilmente formare, per quanto la natura consentirà, al modello del maestro: per il che ho molto desiderio di sapere la qualità del soggetto, ed in particolare se gli basta un Dio in cielo, oppure se lo vuole anche in terra.1
Con una bell’impresa, tutto in un colpo, privare il re d’un buon ministro, e questo levarlo di mano de’ suoi amici e metterlo in seno de’ nemici, col far mutare partito a monsignor de Sully! Però era cosa che un cieco avrebbe veduta, nè io credo veramente che l’approvasse ognuno che se ne mostri desideroso. Parmi che sia la pace de’ lupi con le pecore, a condizione che fossero dati i cani. La costanza del Sully è stata grande, massime in poter resistere ai sofismi rossi e barbati2 di chi è venuto da Roma solo per quest’effetto.
- ↑ “Allusione satirica al papa,„ qui nota il Bianchi-Giovini.
- ↑ “Altra allusione al cardinale Ubaldini, che era legato in Francia; e ai frati emissari di Roma.„ (Bianchi-Giovini.)
principe contro le pretensioni della corte di Roma; nè mai volle, fin che tenne il governo, che nel suo stato s’introducessero i Gesuiti. Vedasi, per questa mirabile resistenza fatta allora da un sovranetto di sì esigua forza, e per altri esempi di liberalità da lui dati, la Storia dei Conti e Duchi d’Urbino, di Filippo Ugolini (Firenze, Grazzini ec.), in ispecie nel tomo secondo.