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lettere di fra paolo sarpi. 203

questa quinta essenza per metter speranza nel re, che si possino separar di Spagna; cosa alla quale hanno opinione che il re aspiri e abbia avuto in disegno quando li ricevette. Ma tanto è separabile il Gesuita dallo Spagnuolo, quanto l’accidente dalla sostanza: al che ci vogliano parole consecratorie.

Io posso ingannarmi, ma non persuadermi che segua lunga tregua ne’ Paesi Bassi. Credo bene che continuerà quella febbre etica di mesi in mesi, che non sarà nè pace nè guerra nè tregua, ma peggio di tutto.

Del re d’Inghilterra non so far comparazione se non ad Enrico III di Francia, che riputava la virtù del privato più eccellente della regia: però sprezzava queste e si riduceva alle monastiche. Dio faccia che il fine sia diverso:1 del che dubito, conoscendo questi gran maestri nelle insidie, tanto che avranno con questa via guadagnato. E Dio voglia che quel Blacwel non sia d’accordo! io non lo giurerei. Ho inteso l’incontro ricevuto da monsieur Bochello per il suo libro della libertà: in fatti, non tralasciano cosa intentata. È bene tempo ch’io finisca di dar noia a V.S. con questa lunghezza. Farò fine baciandole la mano.


  1. Sa ognuno che Enrico III morì trafitto da un frate Domenicano (Giacomo Clement) il 2 d’agosto del 1595. A malgrado delle virtù monastiche alle quali si accenna, era stato sì dedito ai piaceri, che trascurò quasi sempre per questi gli affari più gravi dello Stato. Sortì di regnare in tempi e condizioni quanto mai dir si possa difficili. Il De Thou lo dice di natura incomprensibile; eroe talvolta, più che re; tal’altra men che fanciullo. Con questa specie di scongiuro contro i mali futuri, il Sarpi profeteggiava quello che poscia avvenne al suo virtuosissimo ma non meno infelice successore.