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202 lettere di fra paolo sarpi.

mo ne veggo pur troppo. Io credo che queste cose sieno delli effetti della gran congregazione de’ Gesuiti tenuta in Roma ultimamente.

Avremo qui presto il duca di Nivers; onde vedremo l’edificazione ricevuta dal Vidame per l’instruzione di Bellarmino. Adesso passa fama che il figliastro del signor di Sully, che si ritrova in Roma, si convertirà: ma quando parlano di futuro, non so che credere. Non s’intende che si parli più del cattolicismo del suddetto duca nè del marchese suo figliuolo. Mi hanno spaventato che il numero di alcuni Gesuiti sia così grande, come V.S. scrive; ma mi consolo perchè qua in Italia li loro allevati li riescono parte amici, parte nemici capitali.

Ho ricevuto l’Istoria gesuitica di Assenmullero, e mi è stata molto grata: non ho però trovato in quella quanto pensavo. Li Tedeschi non sono che gli acuti echi dell’età passata nel libro De modo agendi. Dubito che il signor Castrino abbia preso equivocazione, e che il trovato da lui sia uno di Giacomo Gretsero gesuita, che scrive Apologia contro quello che io ricerco: ma quello l’ho, e ne ho scritto al detto monsignor Castrino, acciò non lo mandi in vano; sì come anco li scrivo oggi delle Constituzioni, che non siano le Regole.

Ho saputo intieramente l’ufficio fatto da cotesta mala lana; sì come anco quello che ha trattato il re Cristianissimo col papa: ma dirò di più, che qui si tiene li Gesuiti esser d’accordo, e aver procurato quel vescovato per il padre,1 e ora aver trovato


  1. A schiarimento di questo passo alquanto misterioso, può rileggersi, il § II della Lettera LIII.