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194 lettere di fra paolo sarpi.

regia autorità s’appoggiavano e da essa emendavansi: che non tanto aveano stabilito e governato faccende di Chiesa, come di politica eziandio; e in buona copia e di gran peso: quali sarebbero la successione regia, la fedeltà al potere, e altri molti punti che si riferiscono per comune giudicio all’amministrazione d’uno Stato. Soggiungevo che simili radunate riuscivano e Concilii di chiesa e comizi del regno. Grande allegrezza mi ha cagionato il vedere dalle sue lettere del 12 gennaio, ch’Ella si sia riscontrata con me.

La giurisdizione sui negozi temporali o sui delitti, che i vescovi esercitarono in Grecia, Francia o Germania, venne lor tutta dai principi; e la ebbero siccome magistrati della repubblica, e non come ministri di religione: dipoi, a’ successori di quelli nel reame, pieni fino agli occhi di superstizione, la tolsero quelli di mano, come cosa propria e come un debito di religione. E i vescovi erano saliti a gran possanza non solo in Francia, ma in Italia pure, e massime nel ducato di Milano; dove assumevansi titolo di magistrati imperiali. E quasi non ci ha pur ora un vescovo di quel dominio e del Venetolombardo, che non seguiti a chiamarsi duca e conte: conservazione di vocaboli che dà segno dell’antichità della cosa. I Veneziani soli li vollero fuora da ogni civile ingerenza; e fu nostra buona ventura. Che se una porzione soltanto di ciò si occupassero, sarebbe spacciata per noi, come fin d’oggi avremmo ad accorgerci.

Voi non conosceste per fermo l’aggiogamento alla signoria romanesca; ma dalla parte dei vescovi non lo sperimentaste leggero. Vi padroneggiavano di gui-