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lettere di fra paolo sarpi. 191

tanto promesso, tanto desiderato; e noi resteremo senza quel lume. Voglio sperare che qualche eccezione ci aiuterà.

Di Venezia, li 20 gennaro 1609.




LV. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Innanzi la partita dell’ultimo corriere non potei vedere lo sdegno espresso da lei per l’ingiusta giustizia eseguita in Parigi. L’ho veduto dopo, e partecipato con molti belli ingegni; da’ quali vien fatto l’istesso giudicio che da me, non originato dall’affezione che porto all’autore, ma dalla dignità dell’opera. Il signor Giacomo Badoer, tra gli altri, uomo di singolar giudizio, loda ugualmente li concetti e l’espressione. Gran provvidenza di Dio! Credevano con la morte d’un misero fermar un rumore che, con tutta la sua forza, sarebbe però passato in poche persone; e l’hanno con quel mezzo fatto correre per tutto il mondo. Non dubito che se avessero trascurato le parole di colui, o vere o false (sebbene io più tosto credo false), non sarebbono andate ad orecchie della millesima parte, che andarono dopo morto. Così Dio castiga le nostre diligenze.2


    ivi posta. L’opera a cui si allude sembra essere certamente il Trattato del Sagramento dell’Eucaristia, composto dal Du Perrou in confutazione di quello di Duplessis Mornay.

  1. Stampata come sopra, pag. 130.
  2. Le allusioni contenute in questo paragrafo si riferiscono (vedasi al principio della Lettera LVIII) a quel Bartolommeo Borghese di cui comincia a parlarsi nella Lettera LII; onde apparisce come la principal causa degl’infelici suoi casi fosse l’aver composta un’opera, se