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fra paolo sarpi. xvii

Botta, in Guicciardini trova il suo fondamento.1 Laddove del Sarpi dice il doge Foscarini: Ei pare che la verità medesima parli per la sua bocca.2 Veggasi quel che l’uno e l’altro di codesti storici dicono di papa Leone X. Forse talvolta il Sarpi si è ingannato, e più spesso il Guicciardini; e per avventura si potrebbe sospettar anche di Tacito: ma non è per questo che si abbiano a giudicar per maligni; e chi non vuole la storia degli uomini, anzi il romanzo vuole, sì se l’abbia e tengasene contento, ma non sia poi scioccamente maligno contro a questi grandi che non hanno scritto leggendari per lui. E qui cade in acconcio di fare avvertenza ad un uso della curia romana, ridotto recentemente a principio dai Gesuiti, che non vogliono si dica male di coloro al cui grado si dee reverenza; e perciò la proibizione di leggere quasi tutti i nostri storici principali approvano. Veramente, niun’altra arte potrebbe mutar come questa gli uomini in pecore, se ancor si togliesse l’infamia della storia e il grido della coscienza universale. Di niun altro pregio tanto mi par commendevole Fra Paolo, quanto di non esser segno alcuno di officiale menzogna nei suoi scritti, tanto nelle opere messe a stampa quanto nelle lettere familiari, dove tocca più di una volta gli errori della sua Repubblica, e profferisce una sentenza che niun nimico di Venezia ha osato dir niente di più grave: «Tali sono i costumi del no-


  1. Pref. alla Storia d’Italia.
  2. Lettera al Maffei.