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164 lettere di fra paolo sarpi.

questi misteri, ma vado con molta cauzione; più acciò restino essi defraudati del suo desiderio, che per stima ch’io faccia di me stesso.

Come V.S. dubita ch’io esageri danni da lei poco temuti, io li credo e li tengo per certi. La corte di Roma, e il suo capo, non si scordano che non abbiamo voluto conoscere la sua onnipotenza: il quale mancamento è il supremo che possa esser commesso contro loro; perchè sospirano così alla vendetta, come a rimettersi nel grado di prima; e per effettuare questo, non perdoneranno ad ogni opera e fatica. Però, sono certo non faranno niente.

Li Spagnuoli sanno benissimo che non è per loro il muovere in Italia, dove con pace acquistano quotidianamente senza pericolo, e con la guerra si esporrebbero a perdere tutto. Adesso che sappiamo le cose passate più certamente, li consigli loro s’intendono. Dio volesse che non ci facessero più danno con la pace, che con la guerra.

Non ci sono così noti li consigli vostri, e non possiamo in alcun modo intendere nè il gran favore prestato alli Gesuiti, nè la grand’opera per far seguire la tregua in Olanda. Io credo che mai nessuno ha bevuto nella Tracia tanto, e quasi credo sia evacuata tutta; e non per ignoranza, come molti, nè per debolezza di cervello, ma con deliberata volontà. Dio soprastà a tutti li consigli: io spero assai nella sua bontà, perchè chi è in errore qualunque, è ingannato.

Quanto al mio particolare, sapendo che non


    troppo onorevole per sciagurati di tal fatta, che i loro nomi si trovino registrati in queste Lettere.