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152 lettere di fra paolo sarpi.

le sue massime, ma non briga; e anco, per ogn’industria vi ci adoprasse, fallisce al disegno. Conciossiachè di mezzo alle abitudini umane appaia una mostruosità, e pochi sieno depravati siffattamente, da portare l’empiezza come un vestimento. Ma la superstizione ha virtù di contagio; e chi ne va infetto, pone ogni studio a far che tutti somiglino a lui. Avvocando voi la potestà dei principi, non solo i costoro regni difendete, ma rivendicate eziandio a Cristo i suoi dritti; dove che sarebbe giocoforza che rovinassero i celesti ordinamenti che esso impiantò sulla terra, quando si trasformassero in faccende meramente politiche e di mondo. Mentre siete tutto in quest’opera, non che affaticarvi per le libertà pubbliche, ma illustrate pure la gloria di Cristo.1 A chi patrocina le ragioni degl’imperanti avrann’obbligo, per avventura, alcuni in cotesto regno. I nostri non lamentano altro che il non essere schiavi abbastanza; e chi gli difende trova in essi i più baldanzosi nemici. E non è a maravigliarne, dacchè sotto nome di pensioni essi carpisconsi i frutti del non proprio sacerdozio, e sono come i curatori che dell’altrui sangue fanno bottega. Gran lume forniranno in proposito l’epistole dei re e de’ vescovi, le prammatiche sanzioni, e i decreti del Senato ch’Ella ha raccolti; e a cui verrà accrescimento pei trattati degli uomini illustri, che scrissero sopra i dritti e le libertà della chiesa gallicana. De’ quali lavori sì vivomi in desi-


  1. L’elogio si riflette meritamente sul medesimo Sarpi. I cortesi detrattori lo dicono adulatore dei principi; quasi che la civile e spirituale autorità non provengano egualmente da Dio, e non sia opera religiosa il tracciarne i respettivi confini.