Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/21


fra paolo sarpi. xiii

siarca; non saría stato sufficiente a trarre dietro a sè le turbe, ma valentissimo era ne’ consigli di pochi savi; e, come puossi veder nelle Lettere taluna volta accennato, anche i savi di Venezia non erano sempre tali da contentarlo, perciocchè non sapessero difender tutto il loro diritto senza uscirne fuori, nè però trasandarne alcuna parte. Ho voluto fare questo poco di confronto tra Sarpi e gli eresiarchi per gl’intendenti di psicologia, i quali sanno come l’intelligenza, e perciò la vita reale, siano, non meno degli altri fenomeni, governate da leggi; e perciò tanto difficile che Sarpi fosse un altro Lutero, quanto che Lutero avesse ambito alla porpora de’ cardinali.


IV.


L’ironia del Sarpi è piena di bonarietà e di naturalezza. Il frate veneziano, tremendo quanto il Wittimberghese, vela, al contrario modo di lui, sotto alla semplicità delle parole il suo odio profondo contro ai commettitori del male; non è punto agitato; per niente non si cura a far penetrare più addentro l’aculeo del suo sarcasmo; è sicuro di avere ottenuto l’intento, e dalla serenità della sua mente misura l’ironia che, come un giudice, infligge. Le ironie del Sarpi sono come una fedele testimonianza del vero, come l’ingenua impressione che i fatti han prodotto su la sua intelligenza; sono la spiegazione di una gran parte dei casi dell’umana