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106 lettere di fra paolo sarpi.

editto; ch’è quanto dire, senza ambagi, se non è comandata dallo stesso re.

Un tempo, in Italia era tollerabile la nostra condizione, quando le nuove costituzioni erano portate per tutte le città, ed ivi pubblicate e ricevute dove conveniva. Di qui il trovarsi nei nostri scrittori fatta menzione di Costituzioni accettate in alcuni luoghi e in altri no; e in taluni luoghi vige anc’oggi l’uso di non pubblicarle se non dopo che sono state esaminate. Così nel Regno napoletano tuttora si osserva, che non possa senza il regio permesso pubblicarsi o darsi esecuzione a nessuna bolla o breve od altro mandato. Ora, la curia romana ha dato fuori a’ nostri giorni una Costituzione, per la quale ha decretato che la sola pubblicazione avvenuta in Roma, debba essere sufficiente ad obbligar chicchessia. Laonde siamo oppressati da un ammasso di Costituzioni, nè solo da quelle che si trovano nei Bollar, ma spesso ne scappa fuori alcuna di cui innanzi non avevasi alcuna notizia e siamo costretti ad osservarla. Nè giova opporre l’abrogazione per consuetudine contraria, specialmente quando si tratta di censure: nè vale il dire che non si può andar contro alle leggi e alle antiche usanze delle città; perocchè i confessori negano l’assoluzione a chiunque non ubbidisca alle bolle apostoliche, senza ammettere le scuse colle quali alcuno asseverasse di non esservi tenuto. E questa sentenza, siccome articolo di fede, insegnano e scrupolosamente osservano; e quando si tratta delle Costituzioni antiche, basta loro che le trovino impresse in qualche libro, o che qualche scrittore ne abbia fatto ricordo. Circa alle nuove poi, stimano che sia anche troppo se qua