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102 lettere di fra paolo sarpi.

tuto sapere se fosse bisogno parlar di loro cosa buona. Io vorrei ben poter penetrare in quegli arcani, essendo certo che qui un giorno farà bisogno parlar di loro: del che tanto più ho sospetto, quanto sono due anni dalla loro esclusione, e non fanno ancora moto alcuno. Ho in gran sospetto il loro silenzio, e temo che ordiscano qualche mala tela contra questa Repubblica, tanto più quanto ella si tiene sicura da loro, fondandosi sulla costanza universale di riputarli sempre per inimici: ma Dio voglia che siamo bastanti per opporci alle loro macchinazioni.

L’opera di monsignor Pithou viene commendata da tutti li canti, e insieme anco ognuno rapporta che l’animo suo sii di venderla. Egli ha ragione di dare il prezzo alle cose sue. Non credo però che il compratore, trattando con esso lui di mercato, gli facesse torto dicendo all’italiana, di non voler comprar gatto in sacco, ma vederlo. Se potrò averne qualche rappresentazione, in somma, ne dirò qualche parole. Importerà qui molto, se oltre la fatica del suo ingegno, vi fosse qualche pezza massime propria per le cose che controversavano. Ma sa bene V.S. che siamo fuori di occasione; il che molto importa per opporre a chi vuol mettere la mercanzia in stima.

Per dirli qualche cosa che mi passa per mente intorno l’ambasceria del Toledo, mi paiono molto pregnanti le proteste fatte al re: non so come cotesta maestà ci stii: bisogna bene che sii molto


    incremento, vita, votis, privilegiis ec. tractatur; e fu due volte impresso in Francfort, cioè nel 1593 e 1605. Aveva, ben ragione il Sarpi di lamentare la mancanza di libri in Venezia.