Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/151


lettere di fra paolo sarpi. 91

per appropriarsi il danaro che loro suol essere pagato dalle vedove e dagli altri ricchi superstiziosi. Quanto alla meraviglia da lei provata che questo segua, tornando a danno de’ parrochi e dei pastori ordinari, stantechè i Gesuiti non permettono in verun luogo che i loro devoti trattino cogli ordinari di alcuna cosa senza saputa e senza il loro permesso; più è da maravigliare ch’essi vengano favoriti da molti fra quei medesimi pastori, tinti pur troppo della stessa pece.

La distinzione fatta dal signor presidente Le Maistre tra il giuramento di fedeltà e quello di vassallaggio, a me pare convincentissima; perciocchè ogni suddito, quand’anche nulla possegga di beni immobili e (se potesse darsi) nè anche di beni mobili, è tenuto egualmente a prestare il giuramento di fedeltà. Quello che V.S. dice, che il vescovo può esser costretto a giurare che non abuserà della facoltà ligandi in danno della repubblica, a me pare dell’ultima evidenza; essendochè nulla è più vero nè più consentaneo al diritto delle genti, potendo ognuno essere astretto a guarentire per giuramento, che opererà in bene del pubblico quelle cose alle quali è tenuto, ed ognuno sia tenuto di non abusare della potestà spirituale in danno del pubblico.

E che diremo circa al canone Nimis de jure jurando, dove sta scritto che i laici usurpano senza ritegno il dritto divino, quando astringono gli ecclesiastici, che non ricevono da essi alcun vantaggio temporale, a prestar loro il giuramento di fedeltà; la qual cosa anco il Papa, appoggiato dal Concilio, proibisce? Bramerei che la S.V. mi dicesse, se ne-